La serendipità ai tempi dell’intelligenza artificiale: ci stiamo perdendo qualcosa?

Giovanni Battista Appendino
Socio dell’Accademia dei XL
Professore emerito
Università del Piemonte orientale

L’intelligenza artificiale imita il ragionamento umano per arrivare a conclusioni intelligenti, ed ha, indubbiamente, un enorme potenziale per il progresso della scienza. Ha tuttavia anche un ovvio limite, dato che anche illogicità di ragionamento e di comportamento hanno giocato un ruolo critico nell’avanzamento delle nostre conoscenze. La scienza più interessane è, indubbiamente, quella basata sull’incognito, e se le grandi scoperte non possono essere programmate, può esserlo tuttavia un progetto di lavoro che porti ad una scoperta. Fare scoperte casuali è, tuttavia, un’arte (serendipità) che richiede una mente preparata. Pasteur che a 26 anni correla la dissimmetria dei cristalli a quella delle molecole che li costituiscono non si spiega senza la sua famigliarità con la litografia e la specularità associata alla riproduzione delle immagini da una lastra.

Nel seminario mi focalizzerò sulla chimica organica, la mia area di competenza, descrivendo una serie di scoperte molto importanti scaturite da progetti fondamentalmente privi di logica (la preparazione di composti pentacoordinati dell’azoto, la sintesi della chinina dal catrame di carbone, la sintesi di composti di cui si conosceva in modo incompleto la struttura) o da comportamenti maldestri in laboratorio (errori di pesata, rottura di palloni, scambio di reagenti). Come per scalare una montagna non serve solo essere ben attrezzati ed allenati ma deve anche fare bello, così per fare una scoperta innovativa e non semplicemente incrementale serve anche la fortuna che, purtroppo, non è (ancora) programmabile.