Ci chiediamo spesso: quanto dovrà durare questo periodo, inaugurato negli anni ’90 del secolo scorso e sostanzialmente continuato sino ad oggi, contraddistinto da una ferma opposizione a tutto ciò che si può configurare come una alterazione del corredo genomico di qualsiasi organismo vivente? Se questo atteggiamento fosse solo un pensiero o un movimento creato intorno ad esso, dovremmo rispettarlo come si fa nelle democrazie mature. Il fatto è che alcuni degli adepti di questo modo di vedere le cose non si limitano a manifestare il proprio pensiero, ma intervengono pesantemente, anche con azioni deprecabili dirette alla distruzione di sperimentazioni in campo, come recentemente avvenuto a proposito del fatto che riportiamo e commentiamo.
Cominciamo dalla constatazione, probabilmente ignota a grande parte dell’opinione pubblica, che la Associazione Genetica Italiana (AGI) ha una storia lunga essendo stata fondata nel 1954 e presieduta per molti anni da studiosi di assoluto prestigio internazionale. Quindi gli studi di genetica sono sempre stati perseguiti in Italia con la serietà e competenza tipica di una comunità scientifica molto colta e scientificamente impegnata, soprattutto in ambito biologico e biologico-medico, anche in anni decisamente precedenti al 1954 e che corrispondono al diffondersi della cultura genetica dopo la famosa riscoperta delle leggi di Gregor Mendel, avvenuta nel 1900. Nello stesso anno 1954 fu formalmente approvata l’istituzione di una Società scientifica più orientata alle applicazioni, la Società Italiana di Genetica Agraria (SIGA), che rappresentò l’occasione di riunire tutti coloro che studiavano la genetica delle piante coltivate e degli animali allevati, cioè la genetica rilevante per l’agricoltura. Risulta importante ricordare che, nella revisione didattica dei Corsi di Laurea afferenti alle Facoltà di Agraria del 1982, la genetica agraria cambia il suo status: da disciplina facoltativa all’interno del corso di laurea in Scienze agrarie, passa definitivamente come obbligatoria e quindi diviene materia di esame fondamentale per ogni studente che voglia conseguire la laurea in Scienze Agrarie.
Da quel momento in poi gli studi e le ricerche di genetica si sono molto incrementate negli ambiti agrari (Facoltà di Agraria, Istituti del CNR devoluti a problematiche del settore, Centri di ricerca del CREA, ecc.) andando di pari passo con uno sviluppo mondiale di questo tipo di ricerche che ha radicalmente cambiato il modo di porsi le domande e di programmare gli esperimenti a sostegno di esse in campo genetico. La scoperta degli enzimi di trascrizione, la tecnologia del DNA ricombinante, la metodologia PCR (reazione a catena della polimerasi), i primi sequenziamenti di singoli geni e infine i sequenziamenti di interi genomi, sono state le grandi acquisizioni realizzate nell’ultimo ventennio del secolo scorso e nel primo dell’attuale. Sarà del dicembre 2000 la data in cui l’intero genoma di una pianta superiore, l’Arabidopsis thaliana, viene sequenziato. Tale pianta era già considerata un organismo “modello” sul quale si potevano studiare, in modo relativamente semplice, molti aspetti della fisiologia, biochimica e genetica vegetale, ma da questo momento in poi si moltiplicano gli studi per arrivare alla descrizione precisa dell’attività di ciascun gene. Nel volgere degli anni sono stati sequenziati i genomi di fondamentali piante alimentari del mondo per cui la tecnologia che rese possibili i primi OGM era già sottoposta ad alcune importanti modifiche, sino a quando la scoperta, premiata con il Nobel per la Chimica del 2020 a Emmanuelle Charpentier e Jennifer Doudna, ha ulteriormente rivoluzionato il nostro modo di intervenire sulle modifiche del DNA con la messa a punto di un metodo preciso di “forbice genetica” chiamato CRISPR/Cas9.
Tutto questo percorso, sommariamente accennato, è ricordato per dire che le cose non nascono oggi e non si gioca a fare gli apprendisti stregoni; si è trattato invece di un percorso di grande rigore scientifico che ci ha messi in grado di intervenire anche su nostre importanti coltivazioni come pure su animali in allevamento, per modificare l’agricoltura nella direzione di una sempre maggiore responsabilità ambientale, elevando spesso la qualità dei nostri alimenti.
La generale stima verso Vittoria Brambilla e Fabio Fornara -i due professori dell’Università di Milano coinvolti nell’attività di ricerca di cui parliamo- nasce proprio da qui, dalla loro volontà di provare un utile strumento, le TEA -come vengono definite con l’acronimo di parole italiane, ma che includono anche la CRISPR/Cas9-, per ottenere piante di riso che, con piccole modifiche nella struttura del suo DNA, divengono capaci di resistere al brusone, malattia necrotossica causata dal fungo Pyricularia oryzae e in grado di ridurre la produzione del riso anche oltre il 50%. Con questa metodologia Brambilla e Fornara hanno modificato un allele del riso -che conferisce resistenza durevole al brusone- senza cambiare la qualità della granella e lo hanno fatto in un modo che sarebbe potuto avvenire anche naturalmente. Tutta la comunità scientifica ha esultato per il raggiungimento di questo traguardo anche in virtù della forte riduzione di principi attivi antiparassitari che comporta. Vale forse la pena di ricordare che il riso “made in Italy” è, a livello mondiale, un prodotto di alta qualità.
Questo parere non è stato condiviso da attivisti che, in nome di una categorica interpretazione negativa dei metodi moderni di miglioramento genetico, hanno violentemente attaccato il campo sperimentale, accuratamente organizzato nei terreni dell’imprenditore Federico Radice Fossati. A nessuno si può negare il diritto di dimostrare il dissenso, inclusa la contrarietà ai principi della scienza e della tecnica da essa derivata; ci aspettavamo argomenti contrari a quelli della comunità scientifica, ma non la violenza di chi rinuncia al confronto e passa alle azioni dissennate. Così potranno continuare a farci del male, ma non prevarranno, soprattutto se la politica darà segnali precisi a sostegno delle attività sperimentali basate sulle TEA.
Amedeo Alpi, Accademia Nazionale delle Scienze detta dei XL e Massimo Vincenzini, Presidente Accademia dei Georgofili